Bacalov alla Cittadella della Musica di Civitavecchia

Storia è il presente quando si tramuta in ieri.
Ieri è quando cambia giorno, anche se l’oggi dista pochi minuti dalla mezzanotte, come adesso.
Pochi minuti fa, cioè ieri, è terminato il primo concerto della prima stagione della Cittadella della Musica di Civitavecchia, inaugurata appena a dicembre.
Quest’evento sarà ricordato nella storia cittadina anche perché è risultato impreziosito dal grande personaggio che ne è stato protagonista: Luis Bacalov da Buenos Aires, un musicista, di fama mondiale, a tal punto innamorato della propria terra da ammetterne con fierezza i difetti.

Introducendo Invierno porteño, di Astor Piazzolla, ha spiegato come il termine porteño sia utilizzato in provincia, in modo non propriamente bonario, a rimarcare quella patina di arroganza che contraddistingue gli abitanti di Buenos Aires. Porteño in spagnolo è usato per riferirsi alle persone che abitano in una città di porto. Buenos Aires ha “… un porto un po’ più grande del vostro”, sottolinea con malcelato orgoglio il Maestro, e sin dal 19° secolo i suoi abitanti sono chiamati porteños. La gente di Buenos Aires è, per la gran parte, di discendenza europea, italiana e spagnola, perciò si sente differente da chi vive nell’interno.

Invierno porteño, eseguito al posto del pezzo in programma Corientes n. 9 de Julio, è uno dei quattro brani di tango suonati da Bacalov al pianoforte, senza orchestra. Il Maestro ha spiegato il senso della sua opera di adattamento al pianoforte di molti dei brani della tradizione argentina, nati per orchestrine e chitarre, a partire dai primi del novecento e inclusi nel grande contenitore della definizione tango.
“La musica popolare è ritenuta incolta perché meno complessa e composta da persone che non hanno frequentato il Conservatorio” ha detto Bacalov.
Lui l’ha voluta adattare, rispettandone la melodia e la passione, per portarla nelle sale da concerto, per dimostrare che la musica popolare può essere suonata negli stessi luoghi e insieme alla musica colta.
Negli altri pezzi, il Maestro ha diretto la Ensemble Roma Sinfonietta, orchestra di soli archi, con i solisti Marco Fiorentini, al violino, e Luca Pincini, al violoncello. Tra i tanti brani memorabili segnalo la Baires 1 Suite, dalla colonna sonora del Postino, composta appunto da Bacalov, che nel 1995 vinse il premio Oscar per le musiche e Libertango di Piazzolla eseguito al bis.

A volte qualche sbavatura esalta la perfezione. E’ accaduto quando Bacalov ha iniziato al piano, come secondo brano, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto che nel programma era al terzo posto. L’Orchestra, pur presa in contropiede, ha seguito il maestro come se niente fosse. Soltanto qualche espressione stupita fra gli orchestrali e un rapido girare di fogli, per trovare la partitura, ha svelato l’inconveniente.
La perfezione non piace ai comuni mortali, forse se ne sentono troppo distanti. Per questo ho provato simpatia per questo genio della musica quando, prima di eseguire il secondo brano da solo al piano, ha sussurrato al maestro Lanzillotta di andare a prendere gli altri due spartiti dimenticati nel camerino. Probabilmente questo dettaglio sarà sfuggito ai più.

Qualcuno si potrebbe chiedere: “Perché racconti dettagli così minuti se hai detto che è stato un grande evento?”
Se questo primo concerto è storia, ve ne consegno la cronaca fedele e non c’è ne è un’altra uguale a questa; non solo, aggiungo che essa non finisce qui, perché c’è un’altra questione importante.
Civitavecchiesità è un concetto vagheggiato da qualche vate, lasciato, purtroppo, troppo solo.
Ebbene stasera Bacalov ci ha dato una grande lezione di civitavecchiesità per l’attaccamento alla sua terra, sia nei sentimenti che nell’opera musicale.
Confesso di aver invidiato il suo senso d’appartenenza che raramente alberga dalle nostre parti.

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