L’acropoli di Luni sul Mignone: cronaca dell’escursione e video d’epoca

Le previsioni annunciano pioggia ma non sempre i meteorologi le azzeccano. Fidando in questo partiamo alla volta di Luni sul Mignone.
Poco prima della vecchia stazione di Civitella Cesi imbocchiamo la sterrata sulla destra, provenendo da Monteromano, e dopo qualche chilometro ci immettiamo sul percorso della vecchia ferrovia Civitavecchia-Capranica-Orte. La sede ferroviaria è percorribile in auto fino ad una galleria scavata nel tufo oltre la quale lasciamo le auto. Le piogge invernali hanno scavato delle profonde fosse; si potrebbe anche passare ma decidiamo di parcheggiare e proseguire a piedi. Soltanto Alberto si spinge con la sua Opel Corsa fino alla stazione di Monteromano. Dopo un paio di chilometri, poco prima della vecchia stazione, guadiamo il fosso alla nostra sinistra e iniziamo a salire verso la sommità del monte Fornicchio. Lungo il sentiero, in prossimità della vetta, visitiamo una grotta a pianta circolare abitata in epoca etrusca. Sul pavimento sono incisi dei curiosi canaletti radiali. Sulla cima scopriamo sul piano roccioso dei fori che venivano utilizzati per alloggiare i pali di sostegno delle capanne. Poco più in là incontriamo “Nuvola”, un giovane magro, barbuto e capellone. Cammina a piedi nudi e indossa una camicia sopra a un pareo. Dice questa è un’area sacra e in effetti ha un po’ l’aria e aspetto di un santone che si è ritirato a meditare in una tenda.

Dopo aver scollinato scendiamo lungo il sentiero e visitiamo un gruppo di abitazioni etrusche scavate nel tufo. Una ha due piani accessibili separatamente dall’esterno e congiunti da una scala interna intagliata nella roccia. Scendiamo ancora lungo il sentiero, dove incontriamo i resti di una casa presumibilmente di epoca medievale, e andiamo a intercettare la tagliata di accesso alla castellina. Tutta l’area è segnata con ossa, teschi di bovini, pezzi di stoffa attaccati alle frasche e cippi ottenuti con diversi sassi uno sopra l’altro.
Appese a un ramo troviamo delle candele custodite in un sacchetto di plastica e anche uno scacciaguai realizzato con sassetti di diverse misure. Il collegamento con il santone è immediato e molto logico.

Torniamo indietro e ci fermiamo a pranzare laddove il Vesca si getta nel Mignone.

L’urlo di Claudia interrompe le chiacchiere dell’immediato dopo pranzo. Il figlio Francesco, un bimbetto sveglio e simpatico ma birbante come il nonno Mauro, è caduto in acqua. Luca, che gli è vicino, si precipita dentro e lo tira immediamente fuori. Entrambi sono zuppi, in particolare Francesco lo è dalla testa ai piedi. In mancanza di ricambi completi sostituiscono gli indumenti bagnati con altri di fortuna: sembrano due highlander.

Saliamo al centro dell’acropoli dove sono evidenti degli scavi quadrangolari nel tufo. Nell’età del bronzo medio qui sorgevano tre capanne di grosse dimensioni con il fondo scavato nella roccia, le pareti di fango sostenute da pali di legno e il tetto di legno e frasche. In esse vivevano più famiglie facenti parti di una comunità che doveva comprendere anche altre abitazioni.

Inizia a piovere, i meteorologi avevano ragione, ma noi troviano riparo sotto l’ampia tettoia che protegge lo scavo della casa del capo che risale all’età del ferro e non è lontana dalle capanne più antiche. La casa, che misura circa 17 metri per 9, si compone di un ampio e profondo scavo quadrangolare che probabilmente fungeva da magazzino per l’intero villaggio. Anche qui la casa era completata da pareti e un tetto in materiale deperibile che non è giunto fino a noi. Annessa alla casa c’è una grotta adattata a luogo di culto e successivamente trasformata in chiesa protocristiana. Molti scavi, di dimensioni variabili, incidono la roccia circostante; essi dimostrano l’uso come cimitero in un’epoca posteriore.

Le quattro campagne di scavo, di un mese e mezzo ciascuna, condotte tra il 1960 e il 1964 da archeologi svedesi hanno dimostrato che la continuità di abitazione dal XIV sec. a.C. fino al XIV sec. d.C. quando il sito fu abbandonato, come molti altri nei dintorni, a seguito della grande peste.

Per approfondire l’argomento consiglio la lettura di quanto riportato da Wikipedia e dal sito del Comune di Blera. Carl Eric Östenberg, direttore dei lavori, scrisse un libro sugli scavi. Il volume è reperibile presso librerie antiquarie a prezzi anche esorbitanti. Rimando a questo documento per un bibliografia completa sull’argomento.

Invito a vedere le foto dell’escursione e, in calce, il video d’epoca, reperito in rete, di re Gustavo che partecipa agli scavi. Secondo Scriattoli, colui che ha caricato il video su youtube, le immagini risalgono al 1969; in realtà, come ho già riportato, esse dovrebbero risalire a un periodo tra il ’60 e il ’64.

Scendiamo i circa 50 metri di dislivello e raggiungiamo lo splendido ponte ferroviario sul Mignone. La ferrovia entrò in servizio nell’ottobre del ’29 e fu attiva fino agli anni sessanta. Negli anni ottanta il percorso fu risistemato ma dopo aver investito ingenti capitali le FS cambiarono idea e abbandonarono la linea. Per ulteriori informazioni consiglio la visita del sito Archeoind che è una miniera di notizie sulla Civitavecchia-Capranica-Orte.

La pioggia che riprende insistente ci convince ad affrettare il ritorno.

A parte la bellezza dei luoghi e il peso della storia e della preistoria che trasudano non ho potuto fare a meno di non percepire un’aura sacra, quasi che gli spiriti dei boschi, venerati dagli antichi, siano ancora tra le fronde a spiare i pochi moderni che si avventurano da queste parti.
Tali pensieri sono probabilmente dovuti alla suggestione per aver visto quegli strani segni rituali che delimitavano l’area attorno al pianoro. Claudia e Alberto ci hanno spiegato nel pomeriggio che i romani temevano tali segni perché gli etruschi erano conosciuti per le loro capacità magiche.
A questo proposito ho trovato in rete una curiosa storia di una guerra psichica combattuta quindi con arti magiche tra Luni, adoratrice dell’acqua, e Narce, adoratrice del fuoco.

Noto che la pioggia diminuisce fino a smettere via via che ci allontaniamo e soprattutto rammento che Francesco aveva smontato un cippo per utilizzare la pietra più grossa come sedile.
Che la caduta in acqua sia stata la punizione per il sacrilegio?
Cosa succederà a chi ha colto gli asparagi e i rafani (in italiano i tamari, tamus communis)?

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