Cave e miniere dei monti della Tolfa: la cronaca

Domenica di fine novembre: ho guardato tutte le previsioni meteorologiche possibili questa settimana e concludo che non pioverà, almeno durante l’escursione.
Alle 9.00 presso il parcheggio del Faggeto di Allumiere, c’è un bel gruppo di soci della Castellina– una trentina circa – e due ragazzi: Andrea e Giovanni.
Guardiamo il cielo grigio e sentiamo che l’aria è un po’ più fresca, ma la cosa non ci spaventa.
Ci incamminiamo sulla strada che porta a Tolfa ed all’altezza dell’indicazione degli Sbroccati, prendiamo in direzione del bosco sulla sinistra.
Notiamo subito con piacere che il bosco ha steso – per il nostro arrivo – un tappeto di foglie gialle per terra che suonano sotto i nostri piedi. Qua e là ci sono funghi, a me sconosciuti, – single e in condominio – a fare da cornice al bosco.
Il Corbezzolo ha fatto i suoi frutti e ne approfittiamo, Alberto in particolare. L’Agrifoglio e le sue bacche rosse, invece, ci ricordano che il Natale è alle porte.
Durante il cammino ho anche la fortuna di individuare una fragolina di bosco, ma la tentazione ( leggasi gola ) è più forte del dovere di cronaca e non faccio in tempo ad immortalarla … ahimè!
La prima cava che troviamo lungo il cammino – la Cava di Caolino – è recintata: ci fermiamo una mezz’ora durante la quale papà ( N.d.R. Mauro Tisselli ) ci racconta della dura vita dei cavaroli, delle numerose morti bianche a causa delle disumane condizioni di vita e di lavoro di quel periodo ( fine 1400 ).
L’allume, a quell’epoca, ebbe lo stesso effetto del petrolio per il nostro secolo, senza lasciare però nessun beneficio economico al territorio.
Lo Stato Pontificio – che gestiva il “ business “ – indirizzò a suo piacimento i vantaggi della scoperta, lasciando soltanto qualche palazzo signorile a Tolfa, il Palazzo Camerale ad Allumiere e il Forte Michelangelo a Civitavecchia.
L’unica traccia moderna dell’allume è la trasformazione nella matita emostatica.
Riprendiamo il cammino e dopo aver seguito un sentiero nel bosco, ci arrampichiamo su un pendio, in modo abbastanza avventuroso, considerando le foglie scivolose sotto di noi.
In cima alla collina ritroviamo un sentiero che ci porta all’interno di un’altra cava, quella della Ballotta : troviamo la scusa per fermarci a mangiare una barretta e ad ammirare la vegetazione che ha preso possesso della cava.
Proseguiamo il percorso nel bosco e la fame, dopo un po’, comincia a farsi sentire, piacevolmente accompagnati dal vento che ci assicura l’assenza della pioggia. Almeno per ora.
Verso le 13 raggiungiamo l’ultima cava – quella degli Sbroccati – che ci lascia senza parole: le alte pareti rocciose ed i giganteschi massi ricoperti di muschio ci catapultano in un paesaggio celtico… mancano solo i troll ed i folletti.
Riusciamo anche ad accendere il fuoco per qualche salsiccia, ma soprattutto per il Vin Brulé di Patrizia…. azzeccatissimo!
Dopo il pranzo ci aspetta una ripida salita, che affrontiamo agevolmente, grazie al perdurare dei postumi del vin Brulè. Sulla cima del monte ( 541 Mt. ) ci aspetta un vento fortissimo ma soprattutto un panorama mozzafiato.
Seguendo il costone della collina discendiamo verso Allumiere, lungo un fitto bosco, dove facciamo fatica a rimanere uniti. Poi finalmente ritroviamo il sentiero e si riprende a chiacchierare piacevolmente, fino all’incontro con la realtà: in una radura troviamo i rottami di una vecchia Ape arrugginita. Ogni commento sarebbe superfluo…
Ci fermiamo per un’ultima sosta, davanti all’uscita della Cava della S. Barbara e mentre papà ci illustra i programmi futuri, constato con piacere che – nonostante i nuvoloni neri – Santa Castellina ci ha protetto anche questa volta dalla pioggia.
Entriamo in macchina e solo allora, cominciano a cadere le prime gocce di pioggia… l’avevo detto!

Claudia Tisselli

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